Sunday, March 19, 2006

Classe di Economia: lezione #1 - il mercato

A volte è davvero difficile spiegare le regole del mercato. Ma non perché queste siano di per sé estremamente complesse, il problema sta piuttosto nel fatto che praticamente ognuno di noi basa le proprie idee su ciò che gli viene detto e un pochino anche sulla sua esperienza. Ma se l'esperienza non riesce mai a far scattare un campanello d'allarme ogni qual volta i conti non tornano con le spiegazioni che ci vengono comunicate su giornali, tv, e chi più ne ha più ne metta, allora si verifica una regressione, il soggetto si sente sopraffatto, ma non dalla complessità, ma dal fatto che il tutto sembra non avere senso, i conti non tornano, le contraddizioni sono troppe e allora invece di cominciare a pensare con la propria testa, ci si rifugia in un atteggiamento di sconsolato rigetto nei confronti dell'economia. E' successo un po' ad ognuno di noi. La cura è sempre la stessa: cominciare a capirci qualcosa ragionandoci sopra.

Oggi giorno possiamo individuare semplicisticamente due tipi di visioni di mercato "aperto": mercantilista e capitalista o libero. In una visione mercantilista si pongono tasse di importazione per impedire a prodotti esteri, più convenienti di entrare nel mercato interno determinando la scomparsa da esso di prodotti interni, in quanto ponendo la qualità allo stesso livello, il prezzo dei due prodotti può variare di molto. Sorge però una grande contraddizione: si attua questo per "proteggere" la "nostra" economia. In realtà non si protegge la nostra economia, si obbliga la popolazione a pagare molto di più un prodotto che costerebbe loro molto meno. I vantaggi, dicono però, consisterebbero nel fatto che nella azienda interna che produce quel prodotto qualcuno lavora ancora. Il problema è che io non sono disposto a pagare un prodotto anche svariate volte di più solo perché qualcuno abbia il suo lavoro, quel lavoro lì, in quanto il mio salario non cambia e ciò che compro costa troppo caro. Qui si perde il senso della visione d'insieme: ovvero, avviene una produzione di un bene solo e soltanto perché vi è qualcuno che il bene lo acquista. Questa è la regola d'oro a cui in caso di dubbio si dovrebbe sempre tornare. Ora se qualcuno produce lo stesso bene a metà prezzo, io lo compro da lui, così facendo ottengo che avvenga la minima disparità possibile tra il prezzo al di sotto del quale non è possibile andare e il prezzo al di sopra del quale il bene non viene più comprato. Va detto però che nessuno può stabilire il valore di un bene in maniera artificiosa in quanto il valore di un bene non viene dato dalla qualità intrinseca al bene come a primo avviso si potrebbe arguire, potrà certo influire in una certa percentuale, ma non in prima istanza; ciò che più di ogni altra cosa determina il valore di un oggetto è il mercato, ovvero la domanda che il mercato crea del bene in questione. Non è nemmeno come si credeva a fine diciannovesimo secolo, inizio del ventesimo, la quantità di lavoro che impiego per creare quell'oggetto, in quanto se creo beni e oggetti che nessuno, ma proprio nessuno vuole, io mi posso anche ostinare a prezzarli altissimi spiegando che costano immensa abilità e tantissime ore di fatica, ma se nessuno li compra, se non si vendono allora non avranno valore, se non, al massimo, dopo una riconversione, quello delle loro materie prime. Se l'offerta è libera di decidere il prezzo da sola, allora siamo sotto regime di monopolio: i prezzi si alzano, in quanto non si corre il rischio che vi sia concorrenza, si sta in pratica solo un gradino sotto il limite oltre il quale il prodotto non lo si compra più, e la qualità cala per analoghi motivi. Vi sono anche quasi monopoli e cartelli i quali vivono e sguazzano in situazioni mercantilistiche, ove cioè i produttori interni si affiliano decidendo di non giocare al ribasso per attirare il mercato verso il loro prodotto, ma si accordano di non scendere sotto una certa cifra. Di esempi ce n'è a tonnellate, e chi ci rimette siamo noi, il mercato, che dobbiamo pagare un prezzo troppo alto. In una situazione a mercato libero vince il prodotto più appetibile, quello che ha il rapporto prezzo / qualità migliori per farla semplice; ma alla fine, grazie alla libera concorrenza, abbiamo stimolo a creare prodotti nuovi, a investire nella ricerca, nell'innovazione, in quanto o diversifichi e dai un prodotto nuovo o non ti comprano più perché ne è arrivato un altro con la capacità di produrre quel prodotto a prezzo più basso, se così non fosse pagheremmo ancora i CD-R a 10 euro l'uno. In una situazione a mercato libero, si premiano le idee che vincono, la piccola imprenditoria ha tutte le carte per lanciarsi e vincere, ovvero non devi essere nato possidente per emergere, basta avere testa e cuore. In una situazione mercantilista, il piccolo non emerge mai, gli accordi li fanno sempre i grossi gruppi industriali con il governo centrale, e sono sempre una variazione del: ti do premi e mazzette e in cambio non mi fai entrare prodotti da fuori e non mi fai emergere concorrenti interni. Volete un esempio di ciò? Date un'occhiata un po' all'economia del Sud America e saprete cos'è il mercantilismo.

Ma ora giungiamo al tanto promesso esempio pratico.
Uno dei mercati che si trova ancora decisamente chiuso in Italia ma anche nel resto dell'Europa è quello dei farmaci, le medicine subiscono arbitrari aumenti di prezzo fino ad arrivare a costare molto ma molto più care delle stesse in suolo statunitense, dove invece vi è decisamente più liberalizzazione dei prezzi.
Ibuprofen, è il principio attivo più usato per i farmaci contro il mal di testa. Prendiamo 2 farmaci con gli stessi componenti e la stessa concentrazione di principio attivo: 200mg di Ibuprofen, cercheremo anche di comprare la confezione più grande per risparmiare il più possibile.

In farmacia in Italia la confezione più grande che possiamo comprare è da 24 pastiglie. Il prezzo online è di €7,02
Il prezzo a pastiglia è di €0,2925

In America il prezzo online per una confezione da 500 pastiglie è di €10.65. Il prezzo a pastiglia è di €0,0213.

Un 1373% in più. Insomma, anche compensando e considerando i dollari come fossero già euro abbiamo un 1125% in più.

Lo scenario è del tutto diverso, in USA abbiamo i drugstore, non devo andare da un farmacista per comprare una medicina per cui non ho nessun bisogno di un suo consulto. In USA non abbiamo le licenze per aprire una farmacia, tramandate in Italia come preziosissimi tesori di famiglia. In USA se vuoi aprire un drugstore, e comunque ottemperi ai requisiti necessari, lo apri. Non ci sono caste. In USA, per cambiare discorso, se ti serve un Affidavit, che altro non è che una dichiarazione che è stata notarizzata, basta che vai in Posta e la fai notarizzare: costo? Ridicolo. Provate qui in Italia a chiedere un documento banale come un Affidavit ad un notaio, vediamo che prezzaccio vi fa.
Non prendetela come una apologia degli USA, è un'apologia del libero mercato. Perché che senso ha che io mi faccia i patemi d'animo e mi metta a spargere coscienziose lacrimucce per i poverelli in Africa, per dirne una, e mi metta a regalargli vestiti e briciole varie, quando continuo a impedire alle loro merci di entrare in Europa senza gravarle con tasse così alte che alla fine non sono più così convenienti per noi qui e per loro in quanto non si vendono nella quantità tale che potrebbe veramente alzare la loro economia? In pratica li tengo poveri, gli do qualche vestitino e poi se si scannano come in Rwanda e Burundi che fa ONU e Europa? Si va dall'averli armati per benino e peggio (Francia) al ritirare i caschi blu o intimargli di non muovere un dito (Kofi Annan). E se invece ci si commerciasse facendo sì che lavorassero e che magari si premiasse commerciando con chi di loro rispetta i diritti umani? Non sarebbe una magnifica politica economica? Aspetta, ma non è una rivisitazione di ciò che sembra propugnare Wolfowitz?
E le industrie qui che chiudono perché meno competitive? Non è grave, in quanto in USA per esempio, all'inizio del ventesimo secolo poco più dell'80% percento della popolazione era occupato in agricoltura, ora, passato il 2000, la percentuale è un risicatissimo 2%. Ma quel 2% produce molto più di quello che faceva quell'altro 80%. La tecnologia e il mercato libero hanno creato disoccupazione? Vi è forse un 78% di disoccupati per le strade che punta verso la Casa Bianca con forconi e zappe? No, sono più semplicemente occupati in altri settori. Ecco che già si comincia a capire come l'outsourcing non crea i biblici disastri che la sinistra profetizza. Perché ora quel 78% ha un PIL decisamente più alto di 80 anni fa.
La prossima volta che andrete al supermercato, che comprerete un'ADSL, o dell'Ibuprofen o si parlerà di globalizzazione pensate a ciò che vi dicono a riguardo.

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