Thursday, March 30, 2006

Cuatro perlas de Ayala

Para los hispanohablantes aquí estan cuatro espectaculares articulos de Porfirio Cristaldo Ayala:

http://www.aipenet.com/Indice/article.asp?Articulo_Id=11668

http://www.aipenet.com/Indice/article.asp?Articulo_Id=11687

http://www.aipenet.com/Indice/article.asp?Articulo_Id=11708

http://www.aipenet.com/articulo_semanal.asp?Articulo_Id=2402

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China round up

http://sorvegliatospeciale.splinder.com/1143480879#7583688

http://sorvegliatospeciale.splinder.com/114355870#7592636

http://lapulcedivoltaire.blogosfere.it/2006/03/la_cina_di_mao_.html

Interesting, very interesting...

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Democrazia e Totalitarismo

If you are unsure why we are what we are, if you think maybe life in a dictatorship can be nice, if you think the Cold War was just two bullies facing each other, even if you remember and know everything about it, this reading by Paolo Granzotto will suit your curiosity fine!


La missione Usa per esportare la democrazia

Mentre la sinistra lobotomizzata sfilava per le vie cittadine inneggiando alla pace e ingiuriando gli Stati Uniti, George Bush presentava al Paese e al mondo il documento sulla sicurezza nazionale ribadendo l’intenzione di volere contribuire attivamente alla diffusione della democrazia ritenendo ciò «la più efficace misura di lungo termine per rafforzare la stabilità internazionale, ridurre i conflitti regionali, opporsi al terrorismo e all’estremismo che lo sostiene, estendere pace e benessere». Visto che la sinistra non propone alternative se non quella delle «Dieci, cento, mille Nassirya», non sarebbe logico dar fiducia a Bush o almeno mettere alla prova la buonafede americana?


Certo che sarebbe logico, caro Martolini. Ma non si può chiedere alla sinistra piazzaiola e arcobaleno di ragionare. Sarebbe come voler cavare sangue dalle rape. Chiunque non sia rimbambito dagli slogan e conosca un po’ di storia sa che a differenza di altre nazioni e altri regimi la scelta degli Stati Uniti è sempre stata quella della democrazia e il documento sulla sicurezza di Bush si limita a confermarla. Cosa fu la guerra fredda se non l’immane scontro fra chi difendeva il sistema democratico e chi impegnava tutte le sue forze per sopprimerlo? Chi ha vissuto quegli anni non può dimenticare che si era ogni giorno in prima linea e che la libertà era legata a un filo e che bisognava resistere a tutti i costi e vedersela non con i bambocci e gli esangui intellettuali marciatori della pace, ma con le catafratte falangi del Pci dietro le quali c’era l’Armata Rossa, c’erano i cingoli dei carri armati con la falce e il martello dipinti sulla torretta. Ci andò bene non solo perché sconfitti (o, come si preferisce dire, liberati) dall’America che riservava ai vinti la democrazia, mentre l’Unione Sovietica li asserviva alla dittatura, alla tirannia del comunismo coatto. Ma anche e soprattutto perché l’America era allora quella che è oggi, convinta che la democrazia va aiutata, difesa, alimentata. Pochi ricordano e moltissimi non vogliono ricordare la turpitudine che diede l’avvio alla guerra fredda. Fu quando Stalin, ritenendo quella ancorché minuscola porzione di democrazia immersa nella Germania comunista (che sarebbe di lì a poco diventata lo smisurato gulag chiamato Repubblica Democratica Tedesca) una intollerabile provocazione, decretò il blocco di Berlino. Detto più chiaramente: intendeva affamare due milioni e mezzo di civili, in massima parte anziani, donne e bambini, per costringerli a convertirsi al comunismo.
Era il 26 giugno del 1948. Tutti gli accessi alla città furono sbarrati e i convogli di vagoni ferroviari, di camion e di chiatte fluviali che provenendo dalla Germania libera quotidianamente alimentavano Berlino dovettero fare dietrofront. Per far giungere alla città viveri, medicinali e carbone restavano appena i «corridoi» aerei. Non solo per quegli anni e con i velivoli allora a disposizione, ma in senso assoluto l’«Operazione Vittles» (vettovaglie) immediatamente messa in atto dall’America fu il più colossale e complesso ponte aereo mai realizzato. Nei dieci mesi e mezzo del blocco gli aerei compirono quasi 400mila voli: all’aeroporto berlinese di Tempelhof ne atterrava uno ogni tre minuti, e questo quotidianamente. Oltre al cibo, al latte fresco per i bambini e ai medicinali, furono così trasportate anche un milione e mezzo di tonnellate di carbone (i sovietici avevano interrotto l’erogazione sia del gas che della luce). Baffone, che contava di piegare i berlinesi in un paio di settimane, rimase esterrefatto. Era convinto che l’America non avrebbe sprecato tanta energia e dollari per difendere qualche chilometro quadrato di democrazia. Sbagliava. L’11 maggio del ’49, a mezzanotte, tolse il blocco. L’America aveva vinto il primo round di un match che alla fine avrebbe visto il comunismo kappaò.
Paolo Granzotto

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Monday, March 27, 2006

Do as I say, not as I do

Cronaca di una mostruosità. Perché di questo si tratta.
Recentemente sembra essere riesplosa in Tocqueville una vecchia questione, che finora notavo maggiormente in contesti centro e latino americani.
Questi post, 1 e 2, di Enzo Reale vi daranno una visione più ampia del contesto riguardo al quale stiamo parlando qui.
Il problema è se diritti e valori siano o meno universali o invece spetti a qualcuno decidere chi è libero di scegliere e chi invece è meglio stia sotto giogo.
La questione Bielorussa e Ukraina in fondo altro non è che l'ultimo anello di un'interminabile catena di puttanate che sono state dette e fatte a riguardo. Il problema è non vederle per quello che sono.
La questione in parole semplici è se una nazione, "che non sia la mia", abbia gli stessi diritti che ritengo inalienabili "alla mia", ossia: libertà di andarmene, di parlare, scrivere, commerciare, accedere a libri e informazioni, proprietà privata, eleggere i capi e mandarli a casa qualora non li ritenessi competenti, ....
Spesso si sente parlare di eccessiva velocità nel processo di: apertura al mercato libero, concessione delle libertà, modernizzazione, rinnovamento dell'apparato governativo, elettorale.... Se ne sentono tante di frasi così, ma svanirebbero al sole se fossero state scritte per l'Italia del dopo guerra, durante l'Italia del dopo guerra, nell'Italia del dopo guerra. Il punto è che se una regola va bene per l'Italia andrà bene anche per la Bielorussia, perché è di diritti che stiamo parlando qui.
A riguardo infatti si aprono le numerose contraddizioni "rosse". Infatti quando una rivoluzione è contro un regime etichettato fascista è santa, guidata dalla mano di Dio, e tutto ciò che fa è per il bene comune, perciò non si discute, e infatti ce n'è tanta di gente che le foibe neanche vuole sentirle nominare. La rivoluzione di Cuba? Non si discute, sai, avevano un ideale! Mentre fosse stata contro il regime di Pol Pot sarebbero stati una mandria ingorda di brokers di Borsa senza scrupoli? Nelle tipologie dei regimi intoccabili, oltre a quelle rosse ora vi sono anche quelle islamiste. Se notate bene, nessuno in Europa muoverebbe un dito per dare più libertà al popolo Iraniano, per dirne uno.
Sarò cinico, ma mi rimane sempre in testa la forse troppo semplicistica idea che chi pensa in questo modo discrimini e parecchio quelle popolazioni, quasi a non ritenerle degne o capaci o meritorie dei suddetti diritti. Facciamo un altro esempio, si parla molto di mercato equo e solidale, di preservare la cultura indigena, le tradizioni del centro e sud america, si spendono pagine in apologie culturali del regime di Castro, sostenendo che in fondo a Cuba hanno quelle graziosissime carrette così retrò, tutti vivono per strada, e gli bastano 2 stracci, cantano, siiii, cantano sempre, loro sì che la musica ce l'hanno nel sangue, non c'è competizione, sono tutti letterati e poi hanno quei bellissimi e rigogliosi orti dietro casa.... Insomma tutto questo paradiso culturale, questa innocenza culturale sarebbe irrimediabilmente perduta, se gli concedessimo troppa libertà, se li contaminassimo con il consumismo (che però, tanto criticato, ma va benissimo per noi invece), loro poi non lo vorrebbero, ma ve lo assicuro io, ma siiii, e perché vorrebbero tutto sto stress consumista??? Lasciamoli così, obblighiamoli così e che non se ne vadano nemmeno, che non si ribellino che poverini non si rendono conto di quanto sono fortunati, liberi da tanti opprimenti testi scritti da imperialisti con cattive intenzioni.
Signori, ma davvero pensiamo queste idiozie?
Se la libertà va bene per noi, va bene per loro. Reciprocità. Ognuno deve essere artefice del suo destino. E se gli indios dell'alto fiume Orinoco decidessero che Inernet gli piace moltissimo e che ogni tanto un bel Big Mac ci sta eccome, che male c'è??? Non piace a noi? Non usiamo queste cose allora. Ma perché ci si deve sempre mettere a decidere per gli altri. E poi si accusano gli USA di questi imperialismi, quando invece gli USA propugnano l'ALCA per i due continenti americani.
Ricordate la frase tratta dall'Ecclesiaste? In questo caso commenterei così: siete stati buoni con i cattivi che tiranneggiavano i loro sudditi, e finite con l'essere cattivi con i buoni che la tirannia l'hanno sempre subita.
Un ultimo pensiero, partigianelli vari, ma se gli americani avessero stretto un bel patto di stabilità con Benito ritenendo che fosse per tutto il mondo più conveniente così? Voi ora cosa direste?
Siete vergognosi!

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Sunday, March 19, 2006

Dove si trova il mio vascello

Ecco dove si trova il mio vascello oggi:

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Fate il vostro test qui.

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Classe di Economia: lezione #1 - il mercato

A volte è davvero difficile spiegare le regole del mercato. Ma non perché queste siano di per sé estremamente complesse, il problema sta piuttosto nel fatto che praticamente ognuno di noi basa le proprie idee su ciò che gli viene detto e un pochino anche sulla sua esperienza. Ma se l'esperienza non riesce mai a far scattare un campanello d'allarme ogni qual volta i conti non tornano con le spiegazioni che ci vengono comunicate su giornali, tv, e chi più ne ha più ne metta, allora si verifica una regressione, il soggetto si sente sopraffatto, ma non dalla complessità, ma dal fatto che il tutto sembra non avere senso, i conti non tornano, le contraddizioni sono troppe e allora invece di cominciare a pensare con la propria testa, ci si rifugia in un atteggiamento di sconsolato rigetto nei confronti dell'economia. E' successo un po' ad ognuno di noi. La cura è sempre la stessa: cominciare a capirci qualcosa ragionandoci sopra.

Oggi giorno possiamo individuare semplicisticamente due tipi di visioni di mercato "aperto": mercantilista e capitalista o libero. In una visione mercantilista si pongono tasse di importazione per impedire a prodotti esteri, più convenienti di entrare nel mercato interno determinando la scomparsa da esso di prodotti interni, in quanto ponendo la qualità allo stesso livello, il prezzo dei due prodotti può variare di molto. Sorge però una grande contraddizione: si attua questo per "proteggere" la "nostra" economia. In realtà non si protegge la nostra economia, si obbliga la popolazione a pagare molto di più un prodotto che costerebbe loro molto meno. I vantaggi, dicono però, consisterebbero nel fatto che nella azienda interna che produce quel prodotto qualcuno lavora ancora. Il problema è che io non sono disposto a pagare un prodotto anche svariate volte di più solo perché qualcuno abbia il suo lavoro, quel lavoro lì, in quanto il mio salario non cambia e ciò che compro costa troppo caro. Qui si perde il senso della visione d'insieme: ovvero, avviene una produzione di un bene solo e soltanto perché vi è qualcuno che il bene lo acquista. Questa è la regola d'oro a cui in caso di dubbio si dovrebbe sempre tornare. Ora se qualcuno produce lo stesso bene a metà prezzo, io lo compro da lui, così facendo ottengo che avvenga la minima disparità possibile tra il prezzo al di sotto del quale non è possibile andare e il prezzo al di sopra del quale il bene non viene più comprato. Va detto però che nessuno può stabilire il valore di un bene in maniera artificiosa in quanto il valore di un bene non viene dato dalla qualità intrinseca al bene come a primo avviso si potrebbe arguire, potrà certo influire in una certa percentuale, ma non in prima istanza; ciò che più di ogni altra cosa determina il valore di un oggetto è il mercato, ovvero la domanda che il mercato crea del bene in questione. Non è nemmeno come si credeva a fine diciannovesimo secolo, inizio del ventesimo, la quantità di lavoro che impiego per creare quell'oggetto, in quanto se creo beni e oggetti che nessuno, ma proprio nessuno vuole, io mi posso anche ostinare a prezzarli altissimi spiegando che costano immensa abilità e tantissime ore di fatica, ma se nessuno li compra, se non si vendono allora non avranno valore, se non, al massimo, dopo una riconversione, quello delle loro materie prime. Se l'offerta è libera di decidere il prezzo da sola, allora siamo sotto regime di monopolio: i prezzi si alzano, in quanto non si corre il rischio che vi sia concorrenza, si sta in pratica solo un gradino sotto il limite oltre il quale il prodotto non lo si compra più, e la qualità cala per analoghi motivi. Vi sono anche quasi monopoli e cartelli i quali vivono e sguazzano in situazioni mercantilistiche, ove cioè i produttori interni si affiliano decidendo di non giocare al ribasso per attirare il mercato verso il loro prodotto, ma si accordano di non scendere sotto una certa cifra. Di esempi ce n'è a tonnellate, e chi ci rimette siamo noi, il mercato, che dobbiamo pagare un prezzo troppo alto. In una situazione a mercato libero vince il prodotto più appetibile, quello che ha il rapporto prezzo / qualità migliori per farla semplice; ma alla fine, grazie alla libera concorrenza, abbiamo stimolo a creare prodotti nuovi, a investire nella ricerca, nell'innovazione, in quanto o diversifichi e dai un prodotto nuovo o non ti comprano più perché ne è arrivato un altro con la capacità di produrre quel prodotto a prezzo più basso, se così non fosse pagheremmo ancora i CD-R a 10 euro l'uno. In una situazione a mercato libero, si premiano le idee che vincono, la piccola imprenditoria ha tutte le carte per lanciarsi e vincere, ovvero non devi essere nato possidente per emergere, basta avere testa e cuore. In una situazione mercantilista, il piccolo non emerge mai, gli accordi li fanno sempre i grossi gruppi industriali con il governo centrale, e sono sempre una variazione del: ti do premi e mazzette e in cambio non mi fai entrare prodotti da fuori e non mi fai emergere concorrenti interni. Volete un esempio di ciò? Date un'occhiata un po' all'economia del Sud America e saprete cos'è il mercantilismo.

Ma ora giungiamo al tanto promesso esempio pratico.
Uno dei mercati che si trova ancora decisamente chiuso in Italia ma anche nel resto dell'Europa è quello dei farmaci, le medicine subiscono arbitrari aumenti di prezzo fino ad arrivare a costare molto ma molto più care delle stesse in suolo statunitense, dove invece vi è decisamente più liberalizzazione dei prezzi.
Ibuprofen, è il principio attivo più usato per i farmaci contro il mal di testa. Prendiamo 2 farmaci con gli stessi componenti e la stessa concentrazione di principio attivo: 200mg di Ibuprofen, cercheremo anche di comprare la confezione più grande per risparmiare il più possibile.

In farmacia in Italia la confezione più grande che possiamo comprare è da 24 pastiglie. Il prezzo online è di €7,02
Il prezzo a pastiglia è di €0,2925

In America il prezzo online per una confezione da 500 pastiglie è di €10.65. Il prezzo a pastiglia è di €0,0213.

Un 1373% in più. Insomma, anche compensando e considerando i dollari come fossero già euro abbiamo un 1125% in più.

Lo scenario è del tutto diverso, in USA abbiamo i drugstore, non devo andare da un farmacista per comprare una medicina per cui non ho nessun bisogno di un suo consulto. In USA non abbiamo le licenze per aprire una farmacia, tramandate in Italia come preziosissimi tesori di famiglia. In USA se vuoi aprire un drugstore, e comunque ottemperi ai requisiti necessari, lo apri. Non ci sono caste. In USA, per cambiare discorso, se ti serve un Affidavit, che altro non è che una dichiarazione che è stata notarizzata, basta che vai in Posta e la fai notarizzare: costo? Ridicolo. Provate qui in Italia a chiedere un documento banale come un Affidavit ad un notaio, vediamo che prezzaccio vi fa.
Non prendetela come una apologia degli USA, è un'apologia del libero mercato. Perché che senso ha che io mi faccia i patemi d'animo e mi metta a spargere coscienziose lacrimucce per i poverelli in Africa, per dirne una, e mi metta a regalargli vestiti e briciole varie, quando continuo a impedire alle loro merci di entrare in Europa senza gravarle con tasse così alte che alla fine non sono più così convenienti per noi qui e per loro in quanto non si vendono nella quantità tale che potrebbe veramente alzare la loro economia? In pratica li tengo poveri, gli do qualche vestitino e poi se si scannano come in Rwanda e Burundi che fa ONU e Europa? Si va dall'averli armati per benino e peggio (Francia) al ritirare i caschi blu o intimargli di non muovere un dito (Kofi Annan). E se invece ci si commerciasse facendo sì che lavorassero e che magari si premiasse commerciando con chi di loro rispetta i diritti umani? Non sarebbe una magnifica politica economica? Aspetta, ma non è una rivisitazione di ciò che sembra propugnare Wolfowitz?
E le industrie qui che chiudono perché meno competitive? Non è grave, in quanto in USA per esempio, all'inizio del ventesimo secolo poco più dell'80% percento della popolazione era occupato in agricoltura, ora, passato il 2000, la percentuale è un risicatissimo 2%. Ma quel 2% produce molto più di quello che faceva quell'altro 80%. La tecnologia e il mercato libero hanno creato disoccupazione? Vi è forse un 78% di disoccupati per le strade che punta verso la Casa Bianca con forconi e zappe? No, sono più semplicemente occupati in altri settori. Ecco che già si comincia a capire come l'outsourcing non crea i biblici disastri che la sinistra profetizza. Perché ora quel 78% ha un PIL decisamente più alto di 80 anni fa.
La prossima volta che andrete al supermercato, che comprerete un'ADSL, o dell'Ibuprofen o si parlerà di globalizzazione pensate a ciò che vi dicono a riguardo.

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Friday, March 17, 2006

Bottoms Up!!! It's St. Patrick's Day!!!


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The city is ready, St. Patrick is in the air... tomorrow I won't exist "fer sure"!!!

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TotalCountry


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It is most definitely my online radio. You like it? Good. You hate country music? Who cares?
I'm listening to Dixie Chicks right now, OMG: I love them!

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Lexi about the United Nothings


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Non posso che linkare con immenso piacere questo fenomenale link di Lexi.

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Thursday, March 16, 2006

Tripletta fenomenale di Granzotto

Lotta all’evasione, Prodi dimentica Consorte

Il veggente Marx aveva capito tutto della sinistra

Confronto tv, Prodi e la «spilla galeotta»

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Il Mondo Irreale di Romano

Di articoli, articoletti, commenti e analisi ne avevo letti molti, ma tutti sembravano essere scritti troppo a caldo.
Dopo il mio fisking preparatorio, lascio il campo a chi lo ha fatto in modo egregio. Paolo Del Debbio.

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Monday, March 13, 2006

La stampa britannica licenzia Mark Steyn

La stampa Britannica dà il ben servito al celeberrimo giornalista Canadese.
Mark Steyn è stato scaricato sia dal Sunday Telegraph sia dallo Spectator.
Il casus belli sembra essere un articolo intitolato:
"Media shockingly ignorant of Muslims among us", apparso sul Chicago Sun Times il 12 marzo 2006.
Eccone qui di seguito un passo particolarmente "caldo":

If Mohammed Reza Taheri-azar is not a free-lance terrorist, then what is he? Who is he? What’s he thinking? In the absence of any explanatory voices from the Muslim community, all we have are the bare bones of his resume: He’s a 22-year old UNC psychology major who graduated in December. And what’s revealing is the link between Taheri-azar’s grievance and his action.

Take him at his word: He’s upset about “the treatment of Muslims around the world” — presumably at the hands of Israelis on the West Bank, of the Russians in Chechnya, the Indians in Kashmir, the Americans in the Sunni Triangle and the Danes in the funny pages. So what does he do to avenge Islam? He goes to the rental agency, takes out the biggest car on the lot, drives it to UNC and rams it into the men and women he’s spent the last few years studying with and socializing with — the one group of infidels he knows really well.

How many Muslims feel similarly? Not many in America, perhaps — if only when compared to Europe: For all the multiculti blather, the United States still does a better job assimilating immigrants than France or Germany. A recent poll found that 40 percent of British Muslims want sharia introduced in the United Kingdom and 20 percent sympathized with the “feelings and motives” of the July 7 London Tube bombers. Or, more accurately, 20 percent were prepared to admit to a pollster they felt sympathy, which suggests the real figure might be somewhat higher. Huge numbers of Muslims — many of them British subjects born and bred — see their fellow Britons blown apart on trains and buses and are willing to rationalize the actions of mass murderers.

Qui di seguito invece una vignetta di Cox & Forkum raffigurante l'evento a cui Steyn fa riferimento:

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il fatto è raffigurato per la precisione nella terza tavola.
Continuo a ripetermi incessantemente che non è vero, che sono tutte piccole coincidenze, ma in fondo all'anima lo so, sono invece tutti piccoli tasselli di una grande risposta: qualcosa è radicalmente cambiato.
Venezia non è più quella di Dandolo e la IV crociata, l'Olanda non è più il faro del liberismo made in Fiandre la cui luce era alimentata dal fuoco della chiarezza morale in materia economica. Dov'è finita l'Inghilterra della "politica delle cannoniere" (1, 2)? La Spagna de los Reyes Católicos? La Francia.... beh la Francia è invece sempre la stessa. L'Europa si sta accartocciando su se stessa. Chiunque parla e dice le cose chiare viene lapidato, certo, per ora solo simbolicamente, ma vedo già neri nembi di un'imminente tempesta all'orizzonte.

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Monday, March 06, 2006

Carlsberg


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what HAVE the Romans done for US?

REG: They've bled us white, the bastards. They've taken everything we had, not just from us, from our fathers and from our fathers' fathers.

STAN: And from our fathers' fathers' fathers.

REG: Yes.

STAN: And from our fathers' fathers' fathers' fathers.

REG: All right, Stan. Don't labour the point. And what have they ever given us IN RETURN? (he pauses smugly)

XERXES: The aqueduct?

REG: What?

XERXES: The aqueduct.

REG: Oh yeah, yeah they gave us that. Yeah. That's true.

MASKED COMMANDO: And the sanitation!

STAN: Oh yes ... sanitation, Reg, you remember what the city used to be like.

REG: All right, I'll grant you that the aqueduct and the sanitation are two things that the Romans HAVE done ...

MATTHIAS: And the roads ...

REG (sharply): Well YES OBVIOUSLY the roads ... the roads go without saying. But apart from the aqueduct, the sanitation and the roads ...

ANOTHER MASKED COMMANDO: Irrigation ...

OTHER MASKED VOICES: Medicine ... Education ... Health

REG: Yes ... all right, fair enough ...

COMMANDO NEARER THE FRONT: And the wine ...

GENERAL: Oh yes! True!

FRANCIS: Yeah. That's something we'd really miss if the Romans left, Reg.

MASKED COMMANDO AT BACK: Public baths!

STAN: AND it's safe to walk in the streets at night now.

FRANCIS: Yes, they certainly know how to keep order ... (general nodding) ... let's face it, they're the only ones who could in a place like this. (more general murmurs of agreement)

REG: All right ... all right ... but apart from better sanitation and medicine and education and irrigation and public health and roads and a freshwater system and baths and public order ... what HAVE the Romans done for US?

XERXES: Brought peace!

REG (very angry, he's not having a good meeting at all): What!? Oh ... (scornfully) Peace, yes ... shut up!

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Sunday, March 05, 2006

Primo mini-fisking al Principe Valium

Il Principe Valium (leggi "Mortadella"; grazie a Paolo) l'ha sparata davvero grossa, siamo all'iperbole nel metafisico con volo pindarico su specchio scivoloso:

Abbiamo le stessa ricetta per risolvere i problemi del Paese... Trasferimento tecnologico per aumentare il tasso di innovazione, crescita dimensionale delle imprese, nascita di gruppi e consolidamento delle filiere, nascita e sviluppo di imprese in nuovi settori...

Abbiamo la stessa ricetta - benone! Meglio sindacarmi da me allora, così faccio per tre anche senza la "Triplice".

Trasferimento tecnologico per aumentare il tasso di innovazione - trasferimento da dove? Abbiamo serbatoi di tecnologia tenuti nascosti? Chiusi? Chè? Non la usiamo tutta subito la tecnologia a nostra disposizione? O abbattiamo i brevetti altrui e la freghiamo senza pagarla? Abbiamo un tasso di innovazione basso? A me non risulta. Il leit motiv sembra essere sempre quello: da solo il mercato è demente, fa puttanate, mi ci devo mettere io, Principe Valium a togliere un po' di tecnologia di qua e trasferirla di là, se no quei mentecatti non ci arrivavano da soli. Ma il principessino lo sa che la tecnologia la inventano le imprese perché gli fa comodo e non perché glielo ordina un lidér maximo? Altrimenti stavamo freschi da un pezzo!!!

crescita dimensionale delle imprese - mah! Qui non ci arrivo. Sono tutte troppo piccoline? Devono assumere personale? E gli stipendi chi glieli paga? Ma che le aziende si fanno crescere per ordine dello Stato ora? Eh ma allora basta copiare la Corea del Nord, lì di privato non c'è nulla! Un po' di copia incolla dei metodi di pianificazione del Caro Leader e siamo a cavallo!

nascita di gruppi e consolidamento delle filiere - questa è brutta, perché si può leggere in due modi: un modo sarebbe che i gruppi li faccia nascere lo Stato, il che è una puttanata che abbiamo visto nei decenni del XX secolo fa acqua da tutte le parti (vedi sopra).
Ma in realtà il tutto mi puzza molto di più di giochino in stile Regioni > "lega delle coop" > Comuni > Coop + Conad = Addio libera concorrenza. Si scrive consolidamento delle filiere, uno pensa al latte della mucca Lola e a quel demente del bambino coi baffi di latte, ma si legge: l'economia dalla A alla Z la controlla e la crea lo Stato.

nascita e sviluppo di imprese in nuovi settori - eh sì, perché lo sanno anche i sassi che lo Stato è rapidissimo a scoprire tutte le nuove nicchie di mercato da sfruttare con immediatezza ed efficienza, mentre gli imprenditori sono lenti, e poi mancano di iniziativa e capacità manageriale nel muoversi!!!

Signori rileggetevi il post di Fausto, è il mercato che governa l'economia non viceversa. Chi si è messo a controllare il mercato ha sempre invariabilmente fatto danni e lo sappiamo da prima di Adam Smith, per la precisione dai tempi della "Scuola di Salamanca" e di Diego de Covarrubias y Leyva, Luis Saravia de la Calle, Juan de Mariana e Jerónimo Castillo de Bobadilla. Il cardinale gesuita Juan de Lugo sosteneva che il prezzo dipende da così tanti fattori particolari che solo Dio potrebbe conoscerli tutti. Gli scolastici sopra menzionati ammonivano che nessuna persona o gruppo conoscere o valutare con certezza tutte le informazioni inerenti ad un mercato libero. Perciò i governi non possono pianificare l'economia o ordinare il mercato.
Il comunismo ci ha provato ed ha fallito ed eccoci qua, oggi, con il Principe Valium che cerca di convincerci che lui riuscirà dove tutti gli altri prima di lui, grazie a quella politica, hanno fatto catastrofi inenarrabili.

Fonti: AIPEnet, Le Guerre Civili, A Conservative Mind

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Saturday, March 04, 2006

Game, Set, Match.

Avevo intenzione di scrivere qualcosa di mio, ma non so cosa sia successo, di fatto, parola più, parola meno, ciò che volevo scrivere lo ha buttato giu Fausto di A Conservative Mind. Complimenti!!!

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